Mi è venuto a trovare un giovane commercialista. La discussione è andata sugli alti stipendi dei ministri e degli alti funzionari della pubblca amministrazione. Facendo un confronto fra quanto guadagna adesso e quanto alcuni ministri in particolare la ministro Severino il cui imponibile netto nel 2010 è stato pari a 7.005.649 euro ha concluso rassegnato e sconsolato come è possibie che si possano tollerare differenze così spaventose. E, ha aggiunto, non parlo di quanti sono evasori e sfuggono in modo latrocinesco ad ogni legittimazione. Che fare?
Ecco una nota sulla situazione. (A.N.)
Punto primo: chi ha i dati? L'interrogativo è rimbalzato per giorni fra i ministeri della Funzione pubblica e dell'Economia. E non è un quesito da ridere. Perché per far scattare la tagliola prevista dal decreto salva Italia, servono innanzitutto i dati. Cioè i nomi, con relativi importi, dei nostri burocrati d'oro. Il censimento, a quanto pare, si è rivelato tutt'altro che semplice: alla faccia della trasparenza. Già, la trasparenza.
Alla Funzione pubblica ci sono i dati dei direttori generali, ma non di capi dipartimento, responsabili delle agenzie e altre persone che hanno ruoli «apicali». Quelli ce li ha sicuramente chi paga gli stipendi. Cioè il Tesoro. Le retribuzioni di presidenti e commissari delle autorità indipendenti, sono invece consultabili su Internet. Ma solo quelli o poco più. Meglio, nei siti dei ministeri si trovano, è vero, gli stipendi dei dirigenti anche di seconda fascia, ma non le retribuzioni reali dei più alti in grado. C'è scritto da qualche parte quanto guadagna il capo di gabinetto del ministero dell'Economia Vincenzo Fortunato, accreditato già tre anni fa di un reddito di 788 mila euro? Viene il sospetto che la promessa di mettere tutti i dati su Internet, visto che i siti istituzionali non contengono proprio quelli più importanti, sia stata una bella presa in giro. E forse è proprio questo l'aspetto più grottesco di quest'ultima vicenda. Perché se l'operazione trasparenza avesse davvero funzionato, per sapere i nomi dei megadirigenti che superano il tetto dei 295 mila euro (alla fine pare sia questa la retribuzione del primo presidente della Corte di cassazione) sarebbe stato sufficiente un clic. Senza fare ricorso, com'è stato invece necessario, ai potenti mezzi del Tesoro: il centro di Latina, responsabile dei cedolini degli stipendi statali.
Il bello è che nemmeno i cedolini basteranno. Perché nel tetto devono essere compresi anche gli emolumenti relativi agli incarichi supplementari. Come quelli che molti burocrati ricoprono in aziende pubbliche. Un esempio? Nel 2010 l'incarico di vicepresidente di Equitalia, come si ricava dall'ultima relazione della Corte dei conti su quella società, dava diritto a un compenso complessivo di 465 mila euro. Somma addirittura superiore di 170 mila euro non soltanto al tetto del salva Italia, ma anche a quello, identico, già fissato dal regolamento scritto da Renato Brunetta un paio d'anni fa, secondo il quale nessun incarico aggiuntivo avrebbe comunque potuto oltrepassare lo stipendio del primo presidente di Cassazione. Una falla evidente e clamorosa della quale sarebbe stato facile accorgersi se quei dati, anziché essere pietosamente nascosti nelle note integrative dei bilanci, fossero stati pubblicati con tutta evidenza su Internet come ci era stato garantito dall'ex ministro dell'Innovazione.
Dal sito del
Il Corriere, puoi vedere il video
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